Nuove foto aggiunte

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«Ma c'era molto altro in quella casa. C'era una stanza dalla cui finestra si vedeva il mare, le barche a vela: era la mia. E tutto quello che apparteneva a una casa nella quale avevano vissuto nonni e genitori: dove si è nati, e per poco non si è morti - perché siamo rimasti bloccati in cantina, e l'odore di fumo ci ha fatto venire la nausea. Questa era la realtà. E chi non l'ha vissuta, chi non sa che cosa si prova a stare in una cantina mentre sopra la propria testa crolla e si riduce in polvere tutto ciò che apparteneva alla vita di una famiglia, tutto ciò che rappresentava l'infanzia, forse non saprà mai veramente com'è questa guerra».

«Ne abbiamo sentite di notizie come queste» mormora l'uomo, quasi a volerla correggere e allo stesso tempo chiederle scusa.

«Sentite e lette, sì» dice la donna con freddezza. «E forse avete anche visto le immagini sui giornali e al cinema... Ma sentire il fragore di quando crolla tutto ciò che una famiglia ha costruito e raccolto è comunque un'altra cosa. Non creda che questo rumore sia molto forte. Da più di mezz'ora sentivamo il tuono rauco dei cannoni della contraerea, a tal punto vicino da farci credere che tutti quei cannoni tuonassero dentro la cantina. E poi di colpo silenzio, un silenzio che... no, non si può descrivere a parole, e neppure conoscere dalle fotografie o dalle immagini al cinema. Questo silenzio bisogna sentirlo almeno una volta nella vita, il silenzio di quando sentiamo crollarci in testa la casa dei nostri genitori. È stato spaventoso? Non lo so... No, non proprio spaventoso, ma completamente diverso da tutto quello che uno abbia mai immaginato o vissuto. Forse simile al momento della nascita o della morte, di ciò che avviene solo una volta nella vita di una persona... capisce? Perché di casa natale ce n'è una sola, una soltanto, e può crollare soltanto una volta, quando viene centrata in pieno da una bomba».

Sándor Márai, "Il gabbiano" [Adelphi]

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